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Immagine del redattoreGiovanni Centola

Scritti corsari: Pasolini e l'orrore del nostro tempo


Pier Paolo Pasolini è stato uno dei maggiori intellettuali italiani del Novecento.

È stato un poeta, uno scrittore, un regista, sceneggiatore, attore, drammaturgo, pittore, linguista, traduttore, saggista, ma anche un critico anticonformista e scomodo che ha saputo cogliere molti consensi lasciando un’impronta indelebile nella cultura italiana del secondo Novecento.

Attento osservatore dei cambiamenti della società italiana dal secondo dopoguerra sino alla metà degli anni settanta, nonché figura a tratti controversa, suscitò spesso forti polemiche e accesi dibattiti per la radicalità dei suoi giudizi, assai critici nei riguardi delle abitudini borghesi e della nascente società dei consumi (definì i suoi connazionali "bruti stupidi automi adoratori di feticci"), così come anche nei confronti del Sessantotto e dei suoi protagonisti (definì questi ultimi "figli di papà" e il Sessantotto un evidente episodio di "sacro teppismo di eletta tradizione risorgimentale").

In particolare, nella raccolta sua di articoli “Scritti corsari” il cui tema centrale è la società italiana, i suoi mali e le sue angosce; in questa raccolta, Pasolini si scontra con quel mondo di perbenismo e conformismo che ritiene responsabile del degrado culturale della società consumistica.

Gli “Scritti corsari” comprendono quindi una serie di articoli pubblicati da Pasolini tra il 1973 e il 1975 sulle colonne del Corriere della Sera e delle riviste Tempo illustrato, Il Mondo, Nuova Generazione e Paese Sera, comprendente una sezione di documenti allegati redatti da vari autori. Uscì in libreria postumo, nel novembre 1975, sebbene l’autore ne avesse revisionato le bozze presso l’editore Garzanti.

Con il termine "corsaro", lo scrittore vuole comunicare la sua posizione

controcorrente: egli rifiuta infatti la "nuova" Italia e la racconterà in modo terribile e tragico nel film Salò, uscito dopo la sua morte.


La tesi che attraversa gli “Scritti Corsari” è che noi, e quindi l’Italia dagli anni Settanta in poi, sull’onda del boom economico, dell’industrializzazione, della diffusione della televisione in tutte le case italiane, ecc. siamo di fronte ad un nuovo fascismo, un fascismo che però non ha nulla a che vedere con quello del ventennio.



C’è stato quindi un fascismo-fascista, che è quello mussoliniano fondato sui valori della patria, della chiesa, dell’obbedienza, della gerarchia, della dipendenza, della

famiglia e che ha trovato, secondo Pasolini, una continuità logica con i primi governi

democristiani, perché quei governi si fondavano dal punto di vista valoriale su quegli stessi ideali su cui il fascismo si era fondato.

Questo fascismo-fascista non ha però trasformato la vita degli italiani, non ha inciso sulle coscienze, non ha modificato la dimensione critica del pensiero e la Resistenza per Pasolini è stata proprio quel fenomeno che dimostrò come gli italiani non aderissero passivamente agli ideali del fascismo che quindi non ha avuto la capacità di trasformare completamente i loro corpi e le loro vite.

Per Pasolini esiste ora un nuovo fascismo che non è una dittatura militare, che non si fonda sulla riduzione del soggetto a suddito, che non suppone un potere che ha la capacità di decidere la morte di chi trasgredisce la legge, ma è piuttosto una nuova, invisibile, sottile forma di dittatura, senza testa, senza centro, diffusa capillarmente e che parla attraverso la televisione e i nuovi media di massa più che dal pulpito di una chiesa o di una piazza; è questo nuovo potere che ha trasformato le nostre vite e le nostre coscienze e ha spento la possibilità del pensiero critico.

Questo per Pasolini è una catastrofe e lui stesso la definisce omologazione distruttrice o cataclisma antropologico affermando in un’intervista: “Non ci sono più esseri umani, ci sono solo delle strane macchine che sbattono l’una contro l’altra.”

Questa meccanizzazione della vita vuol dire vita anonima, senza soggettività ed è stato il capitalismo, che attraverso l’offerta continua di nuovi beni e servizi a volte anche inutili, spegne la possibilità del desiderio e del pensiero critico. Il sistema stesso non si contrappone a chi critica tutto ciò, ma li addomestica assorbendoli al suo interno di sé stesso; l’esempio più noto di Pasolini per dimostrare tutto ciò è quello dei capelloni, capelli lunghi, in cui il sistema non si oppone a questa novità dicendo che bisogna avere tutti i capelli corti, ma trasforma i capelloni in una moda; le trasformazioni vedono il suddito trasformarsi in un consumatore, mentre il popolo viene massificato e quindi non vi è più un popolo, non vi sono più tradizioni territoriali né dialetti, ma solo una massa alienata e senza mente, senza pensiero, una fusione anonima di “macchine che sbattono una contro l’altra”.


Dal monoteismo delle società religiose che avevano un vertice costituito da Dio si contrappone ora un politeismo pagano cioè l’adorazione di una moltitudine di dèi, i quali non sono nient’altro che gli oggetti offerti dal mercato.

Nel penultimo articolo della raccolta, La scomparsa delle lucciole, Pasolini spiega che il tempo in cui c’erano le lucciole è il tempo della società contadine mentre oggi le lucciole sono scomparse per sempre e i valori delle diverse culture e tradizioni sono stati distrutti dall’omologazione; il cieco sviluppo incontrollato è una maledizione perché ci allontana dalla verità della natura, della vita, del dialetto e del mondo contadino, rafforzando l’oppressione sociale e ad ogni passo esso minaccia di trasformare il progresso nel suo contrario, ovvero, la barbarie più completa!

Qual è lo scopo della vita? Diventare più umani o produrre e consumare di più?

Pasolini, più di 40 anni fa, aveva già compreso cosa sarebbe successo all’Italia di oggi e al mondo intero.

"Il potere della civiltà dei consumi ha superato il fascismo nella sua capacità di omologazione, nella sua capacità di distruzione degli uomini e delle realtà particolari. Il vero fascismo è la società dei consumi." (Pier Paolo Pasolini)

Per approfondire:

Scritti corsari (1975) di Pier Paolo Pasolini

Storia della letteratura italiana III - La letteratura della Nazione (2009) di Alberto Asor Rosa


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