Il mistero dei misteri, il più grande racconto non scritto di Edgar Allan Poe, è la sua stessa morte, sulla quale si allunga l’ombra di un enigma rimasto tuttora insoluto.
3 ottobre 1849: un uomo vaga per le strade di Baltimora, indossa abiti laceri che non sono i propri, è incapace di spiegare perché e come è arrivato fin lì.
Dopo pochi giorni, il 7 ottobre, muore, tra deliri e allucinazioni, invocando il nome di un uomo che nessuno conosce, un certo “Reynolds”. Potrebbe sembrare la trama di un racconto di Edgar Allan Poe, padre del racconto poliziesco e maestro di storie del terrore, invece è la cronaca della sua morte, inspiegabile e avvenuta prematuramente.
La sua vita è stata breve, ma piena di drammi e turbolenze, certe volte per circostanze della vita, altre per suo agire.
Siamo nel XIX secolo e i medici, non trovando risposte migliori, stabiliscono che la causa della morte è l’alcolismo. Ma nessuno sa cosa è successo veramente, né come mai quell’uomo è stato trovato privo di sensi in una città lontana vestito con abiti non suoi dopo essere scomparso per cinque giorni.
Sembra un perfetto caso per Sherlock Holmes, l’ispettore Morse o per Auguste Dupin, il detective creato da Edgar Allan Poe e che in questo caso sarebbe a suo agio, considerato che il mistero riguarda proprio la morte del suo creatore.
Quasi 174 anni dopo aver esalato il suo ultimo respiro, nessuno sa ancora cosa sia realmente successo ad Edgar Allan Poe.
Fin dai suoi primi giorni, la vita di Poe fu difficile. Ma quando morì, le cose sembravano aver preso una buona piega.
Nel 1842, la moglie di Poe, Virginia, si ammalò di tubercolosi. Combatté per cinque strazianti anni, durante la malattia della moglie. Durante quel periodo infelice, Poe iniziò a bere più intensamente per via dello stress causato dalla malattia della moglie; tentò di trovare un nuovo lavoro che gli permettessero di curare adeguatamente Virginia, ma non riuscì a guadagnare molto.
Dopo la morte di Virginia, Poe iniziò a uscire dal buio. La sua carriera aveva preso il largo e, seguendo il consiglio di un medico, si era affiliato ai Figli della Temperanza e presumibilmente stava provando la sobrietà. Si era anche fidanzato con la donna che amava al college, e stava progettando di sposarla dopo un breve viaggio a New York.
Ma quei voti matrimoniali non sarebbero mai stati presi. Il 27 settembre 1849, Poe lasciò Richmond diretto a New York. Passò per Baltimora il 28 perché il traghetto fece una breve sosta e da lì si persero le sue tracce. Non si presentò mai a Manhattan dove lo aspettavano e per cinque giorni nessuno seppe dove si trovava.
Riapparve il 3 ottobre, il giorno delle elezioni, sdraiato a terra fuori dalla taverna di Gunner’s Hall, vestito in modo trasandato. Un tipografo del Baltimore Sun lo notò, stupefatto di incontrare il grande autore in quello stato. Poe gli parlò di un editore che conosceva in città e l’uomo gli scrisse subito raccontandogli che lo scrittore appariva “in grande angoscia, dice che ti conosce e ha bisogno di assistenza immediata”. Poi portò Poe in ospedale, che morì diversi giorni dopo.
Il dibattito sulle cause della morte si concentrò quasi esclusivamente sui problemi di alcolismo dello scrittore. Poe morì per congestione del cervello, un modo educato per dire che beveva. La teoria fu sostenuta anche da Rufus Wilmot Griswold, critico letterario e nemico di Poe, che scrisse il suo necrologio diffamatorio per il New York Tribune.
“Questo annuncio farà sussultare molti, ma pochi ne saranno addolorati”, scrisse Griswold nel suo duro e idiota ricordo, poi rilanciato dai giornali di tutto il paese. “Il poeta era conosciuto, personalmente o di fama, in tutto questo paese; aveva lettori in Inghilterra e in molti degli Stati dell’Europa continentale, ma aveva pochi o nessun amico e i rimpianti per la sua morte saranno suggeriti principalmente dalla considerazione che l’arte letteraria ha perso in lui una delle sue stelle più brillanti ma erratiche.”
Mentre Griswold e molti che conoscevano Poe sottolinearono il fatto che fosse un noto bevitore, altri sostennero che aveva abbracciato la sobrietà in quell’ultimo periodo della sua vita, anche se ciò non garantisce che non abbia avuto una ricaduta a Baltimora. Ma John Moran, il medico di Poe nei suoi ultimi giorni, notò che il decorso della sua malattia non era conforme a quello di un attacco mortale da avvelenamento da alcol.
E così, per oltre cento anni, la speculazione ha imperversato; il Museo Poe ha stilato un elenco delle teorie che sono state proposte nel corso degli anni; tra queste ci sono la sifilide, il colera, il diabete, l’epilessia, la tubercolosi, l’avvelenamento da monossido di carbonio e un problema cardiaco.
Altri presumono sia stato picchiato a morte o assassinato, anche se le prove suggeriscono che sia stato vittima di una vile pratica in voga ai tempi: il cooping, la pratica fraudolenta di costringere in maniera coercitiva i partecipanti a una votazione ad esprimere il proprio voto, anche più volte, per un particolare candidato.
All’epoca, infatti, i politici assumevano scagnozzi locali che rapivano uomini a caso per strada, li imbottivano di alcol o droga, poi li mandavano a votare più e più volte, sempre vestiti con abiti diversi. Il fatto che lo scrittore sia stato trovato morto in una giornata elettorale e per di più travestito ha reso plausibile quest’ipotesi.
Studi più recenti però non hanno escluso le cause mediche. Nel 1996, i ricercatori dell’Università del Maryland Medical Center pubblicarono un rapporto che teorizzava che i sintomi di Poe potevano essere ricondotti a un caso di rabbia. Nel 2007 mentre faceva ricerche sugli ultimi giorni di Poe per un romanzo, lo scrittore Matthew Pearl ha trovato indizi che Poe potrebbe aver avuto un tumore al cervello.
Ventisei anni dopo la morte di Poe, il cimitero in cui era stato sepolto (durante un funerale a cui hanno partecipato solo sette persone) ha deciso di migliorare la sua tomba. Il processo includeva l’esumazione e lo spostamento del suo corpo, un processo riportato con sorpresa dai giornali locali mentre osservavano lo stato del cervello di Poe: “La massa cerebrale… non ha mostrato alcun segno di disintegrazione o decadimento, anche se, ovviamente, è un po’ diminuito.”
Consultandosi con esperti forensi, Pearl scoprì che era impossibile che il cervello di Poe si fosse conservato. Invece la massa intravista dai presenti poteva essere quella di un tumore, duro e rimpicciolito, che in precedenza occupava il cervello. La ricerca di Pearl ha aggiunto un’altra teoria plausibile alla lunga lista di possibili soluzioni all’ultimo, e forse più grande, mistero di Poe, che continua fino ad oggi.
Sappiamo troppo pochi fatti per conoscere con sicurezza la causa che ha portato alla morte prematura di Edgar Allan Poe. Alcuni credono che la tecnologia moderna e le innovazioni scientifiche ci possano fornire degli indizi più definiti. Non faranno altro, con molta probabilità, che aggiungere nuove congetture. Per ora la morte di Poe dovrà restare un mistero.
Tuttavia all’interno di questo mistero si trova una certezza: in quel giorno fatale del 7 ottobre 1849, il mondo ha perduto uno dei più grandi geni della letteratura.
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