Il multiverso non siamo ancora in grado di dimostrarlo, ma il metaverso è qualcosa che ha iniziato a prendere forma negli anni duemila e molto probabilmente sarà pienamente realizzato nel 2030.
Direi che non possiamo iniziare a parlare di metaverso senza ricordare cosa accadde il 28 ottobre del 2021: l'amministratore delegato di Facebook, Mark Zuckerberg, ha annunciò che la società avrebbe cambiato il suo nome in Meta per riflettere le opportunità di crescita oltre la piattaforma di social media nei regni digitali online noti come metaverso, una sorta di realtà virtuale condivisa tramite Internet, dove si è rappresentati in tre dimensioni attraverso il proprio avatar.
"Nel tempo spero che la nostra azienda sarà vista come una società del metaverso", ha detto Zuckerberg.
Il fondatore di Facebook ha così svelato il nuovo nome dell'azienda che comprende Facebook, Instagram, WhatsApp all'evento annuale Connect di Facebook.
Il metaverso può quindi essere descritto come una sorta di realtà virtuale condivisa tramite Internet e all’interno della quale si è rappresentati in tre dimensioni grazie al proprio avatar.
Il termine “metaverso” è nato nel romanzo di fantascienza di Neil Stephenson, Snow Crash, del 1992 come combinazione dei termini “meta”, il quale prende il suo attuale significato dalla Metafisica di Aristotele, che trattava, circa 2.500 anni fa, di ciò che viene dopo e oltre la fisica. Il termine fu poi adottato per designare scienze o considerazioni teoriche riguardanti zone analoghe a quelle oggetto della scienza al cui nome meta- è premesso, ma giacenti comunque al di là dei loro e “universo”.
Nel suo romanzo, Stephenson caratterizza il metaverso come un’immensa sfera nera di 65.536 km di circonferenza nella quale ogni persona può realizzare in 3D qualsiasi cosa desideri (negozi, uffici, night club, ecc.).
Nel metaverso in questione, le classi sociali si differenziano in base alla risoluzione del proprio avatar, da quelli in bianco e nero delle classi sociali medio-basse a quelli in ottima resa 3D delle classi agiate.
Nella cultura cinematografica, la saga fantascientifica di Matrix è uno degli esempi massimi sull’impatto che il metaverso potrebbe avere nella nostra società: la trama ruota attorno a Neo, un programmatore informatico che scopre che il mondo in cui vive è una simulazione virtuale controllata da macchine intelligenti. Guidato da Morpheus, Neo si unisce alla resistenza per combattere contro le macchine e liberare l’umanità.
Altri esempi presenti nella cultura pop sono ad esempio il libro e il film di fantascienza Ready Player One, il quale ci presenta una situazione simile alla realtà virtuale di Matrix, ma “meno” tragica (si fa per dire), altre pellicole come Tron o Free Guy, l’anime dei Digimon e anche alcuni episodi delle serie animate I Simpson e Futurama
La scelta di Zuckerberg è stata vista inizialmente come un tentativo di rebranding per ripulirsi (almeno parzialmente) dagli scandali che hanno coinvolto la compagnia negli ultimi anni. Dallo scoppio del caso Cambridge Analytica in poi, infatti, si sono susseguite le inchieste e le rivelazioni che hanno messo in cattiva luce l’azienda di Menlo Park. Ultimi in ordine cronologico, i Facebook Papers, una serie di documenti consegnati dalla whistleblower Frances Haugen alla Securities and Exchange Commission degli Stati Uniti, che, tra le altre cose, mostravano le lacune di Facebook nella moderazione dei contenuti e la discrasia tra le dichiarazioni pubbliche della compagnia e le proprie ricerche Internet.
Quel che è certo è che il cambio di nome di Facebook ha contribuito a portare l’attenzione dell’opinione pubblica (e non solo) sul metaverso. Dopo l’annuncio di Zuckerberg, il termine “metaverse” è schizzato nelle ricerche di Google, per abbassarsi significativamente soltanto verso la fine di febbraio. A ruota, altre big tech hanno annunciato di voler puntare sul metaverso, in primo luogo Microsoft, che l’ha elevato a successore di Internet per l’impatto che potrà avere sulla vita dei cittadini di tutto il mondo. Ma anche aziende meno note, magari impegnate in settori più specifici, come può essere Epic Games sul fronte del mercato videoludico, hanno accelerato i loro sforzi nella costruzione del metaverso. Ma di che cosa parliamo quando parliamo di metaverso? Chi sono gli attori principali che determineranno il suo futuro e quali gli ambiti in cui potrebbe svilupparsi?
E, soprattutto, quali conseguenze potrebbe avere sulla società, dalla sfera politica a quella economica? Il tema è di una vastità e di una complessità che un articolo da solo non può ovviamente riassumere. Per questo, senza pretesa di esaustività, nelle prossime righe si cercherà di tratteggiare le caratteristiche principali di quello che fino ad ora si è detto sul metaverso, fornendo le coordinate fondamentali per orientarsi in un dibattito che, da qui ai prossimi anni, potrebbe toccare ogni persona molto da vicino.
Lo sviluppo del metaverso è spesso legato all’avanzamento della tecnologia della realtà virtuale, a causa della crescente necessità di immersione. Il recente interesse per lo sviluppo del metaverso è influenzato dal Web 3.0, un concetto di iterazione decentralizzata di Internet. Web 3.0 e Metaverse sono stati usati come slogan per esagerare i progressi nello sviluppo di varie tecnologie e progetti correlati a fini pubblicitari.
La privacy delle informazioni, la dipendenza e la sicurezza degli utenti sono preoccupazioni all’interno del metaverso, derivanti dalle sfide che devono affrontare le industrie dei social media e dei videogiochi nel loro complesso.
Seppur nella mente degli ingegneri e degli imprenditori che gli stanno dando forma il metaverso debba ambire a diventare qualcosa di capillare nella vita quotidiana delle persone, esistono comunque alcuni settori che potrebbero essere maggiormente toccati da questa rivoluzione. Innanzitutto, quello del gaming. Si tratta di un mercato fondamentale che già nel 2019 valeva più di 150 miliardi di dollari e che, secondo le stime, dovrebbe ulteriormente aumentare negli anni a venire. Il settore videoludico è già quello in cui la realtà virtuale è più implementata, permettendo una maggiore immersione nel gioco e stimolando maggiormente “l’engagement” degli utenti.
Non è un caso che la Epic Games, così come tante altre case di produzione di videogiochi, stia lavorando intensamente su questo tema, arrivando recentemente ad annunciare una partnership con la LEGO per costruire uno spazio “sicuro e divertente” nel metaverso dedicato ai bambini.
Altro ambiente cruciale è quello del lavoro, un settore particolarmente enfatizzato anche nel video di lancio in cui Facebook ha annunciato il cambio di nome in Meta. Dall’inizio della pandemia di COVID-19 le abitudini lavorative di miliardi di persone in tutto il mondo sono cambiate, rendendo mainstream pratiche prima minoritarie come il lavoro da remoto e i meeting sui vari Teams, Zoom e WebEx.
Gran parte del lavoro si è già quindi spostato online. Il metaverso potrebbe renderlo più interattivo, portando ad un ulteriore commistione tra digitale e analogico: basti pensare a riunioni di lavoro con avatar 3D rispetto agli incontri in 2D sulle piattaforme o formazioni più interattive con l’opportunità di lavorare su ologrammi o proiezioni di oggetti. Questo potrebbe rivelarsi particolarmente utile per chi lavora nel settore secondario e primario o, comunque, ha bisogno di sviluppare una certa abilità partica e manuale con l’oggetto del proprio lavoro, che si potrebbe simulare nel metaverso. Allo stesso modo, quei tanti servizi pubblici o privati che richiedono un’interazione con un’altra persona (dagli sportelli dell’anagrafe fino alle visite dal medico di base) potrebbero essere facilitati da questa tecnologia, come già dovrebbe avvenire a Seul: la capitale della Corea del Sud ha annunciato che verrà aperto il Metaverse 120 Centre, uno spazio pubblico virtuale in cui i cittadini potranno accedere ai servizi della pubblica amministrazione.
Tutto questo si lega anche al settore dell’educazione. L’EdTech (Education Technology) è uno di quegli ambiti in cui gli investitori di tutto il mondo si stanno concentrando, con un mercato dal valore stimato di 230 miliardi di dollari per il 2028. Se uno dei principali problemi della didattica a distanza negli anni di pandemia è stato proprio quello di un’interazione tra alunni e docenti ostica e meccanica, se non addirittura impossibile, le lezioni nel metaverso potrebbero costruire un’alternativa che apre a nuove forme di dialogo, permettendo una maggior immersione e immedesimazione degli studenti, dalla possibilità di interagire con l’ologramma di una cellula alla ricostruzione digitale dell’antica Roma. Una maggior integrazione di questi strumenti potrebbe tra l’altro servire come volano per il raggiungimento dell’obiettivo di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite numero 4, ovvero la diffusione un’educazione di qualità. O, al contrario, potrebbe rischiare di aumentare ulteriormente le disuguaglianze tra un Nord/Centro del mondo che può permettersi le tecnologie e le competenze per accedere all’educazione nel metaverso, e un Sud/periferia che rimane indietro.
C’è anche tutta una parte legata alla socialità generalmente intesa: incontrarsi in spazi virtuali con altri avatar per chattare/parlare, fare sport dal proprio salotto di casa, ma anche seguire eventi, concerti o seminari. Il rischio in questo caso è avere una riproposizione della realtà esistente in un mondo simil-videoludico, che potrebbe non essere particolarmente attrattivo per gli utenti. La parola chiave diventa quindi, nuovamente, interattività.
La differenza sostanziale tra un concerto nel metaverso e un concerto analogico potrebbe risiedere nella possibilità per il primo di offrire una serie di servizi aggiuntivi e appunto interattivi: dall’entrare nella rete del fan club dell’artista, alla possibilità di acquistarne il merchandising o vedere apparire, a fianco del gruppo che suona, le varie informazioni sul brano eseguito o i componenti della band. Il concetto chiave alla base del metaverso diventa quindi la costante interazione tra digitale e analogico, tra mondo “reale” e mondo virtuale, fino a perderne i confini esatti.
Il settore più importante, e che in un certo senso abbraccia tutti quelli sopra citati, rimane però quello commerciale. Non è un caso che la maggior attenzione sul tema del metaverso sia arrivata proprio dal settore dei mercati finanziari, che vi hanno visto un’opportunità di business straordinaria. Secondo il già citato report di Citigroup, adottando una definizione ampia di metaverso che non si limita al singolo segmento degli utilizzatori di visori per la realtà virtuale ma lo vede come una vera e propria estensione di Internet, si tratta di un mercato che già nel 2030 potrebbe valere tra gli 8 e i 13 trilioni di dollari. Da una parte vi sarebbe la possibilità di costruire mercati del tutto nuovi, come quelli delle tecnologie che faranno funzionare il metaverso a livello di hardware e di software, ma anche un rapido aumento nell’utilizzo di NFT per personalizzare il proprio avatar e i propri ambienti nel metaverso.
Dall’altra, assisteremo probabilmente alla crescita di quelle che sono già fonti di guadagno imprescindibili per le grandi aziende del digitale. Un’immersione totale nel metaverso, infatti, comporterebbe la possibilità di datificare (ovvero, trasformare in dati digitali e utilizzabili) un numero di esperienze senza precedenti, ben superiore a quello che si può oggi ottenere attraverso il tracciamento tramite social media, smartphone, dispositivi connessi a Internet o assistenti vocali. Tutto ciò avrebbe impatti estremamente significativi sulla profilazione degli utenti e quindi su tutto il settore del capitalismo della sorveglianza, a cominciare ovviamente dalla targhettizzazione pubblicitaria. Il livello più alto di interazione potrebbe facilmente tradursi in una maggiore capacità di comprare, vendere e consumare nel mondo digitale, offrendo costantemente servizi a pagamento (sia esso monetario o espresso come cessione di dati). Potenzialmente, si potrebbe arrivare alla monetizzazione di qualsiasi cosa, nel momento in cui tutto ciò che un utente vede e con cui può interagire è potenzialmente datificabile e utilizzabile per la profilazione del soggetto, andando poi a comporre quel “prodotto predittivo” che potrà essere venduto a enti terzi.
Una delle questioni più spinose quando si parla di metaverso è quella della governance. Chi governerà il metaverso?
Le strade che si aprono sono almeno tre:
la prima (l’oligopolio) vedrebbe una concentrazione oligopolistica delle attività nel metaverso nelle mani di poche aziende, tendenzialmente quelle che già adesso ricoprono un ruolo di primo piano nella governance di Internet: Google, Facebook, Amazon, Microsoft e Apple, almeno nel mondo occidentale;
la seconda strada (il modello aperto) cerca di evitare la concentrazione del metaverso nelle mani di poche aziende favorendo la partecipazione diretta dei singoli utenti nella sua gestione; il modello è sostanzialmente quello del primo Internet degli anni Novanta, caratterizzato da un elevato numero di siti e dalla possibilità da parte degli utenti di modificarlo costantemente. Si tratterebbe quindi di un metaverso open source, accessibile e modificabile da tutti;
a questo punto prova a rispondere l’ultima strada, il modello a controllo o gestione pubblica; negli ultimi anni i policymaker di tutto il mondo hanno cercato di regolamentare il settore del digitale; in Europa, un esempio paradigmatico (oltre al GDPR) è il pacchetto di misure recentemente approvato dal Parlamento Europeo, con il Digital Markets Act e il Digital Services Act; anche negli Stati Uniti, patria del libero mercato e sede delle principali aziende del digitale, esiste un dibattito acceso su questi temi, che però attualmente non si è tradotto in azioni legali o politiche significative; è però la Cina il Paese che, prima di tutti, si è mosso verso una regolamentazione del metaverso; mentre i campioni nazionali Tencent, Baidu e Huawei cominciano a sviluppare i loro progetti, l’azienda nazionale China Telecom ha inaugurato il Metaverse Industry Committee, una collaborazione tra le principali aziende impegnate nel settore per centralizzare e coordinare gli sforzi ed arrivare “primi” nella corsa al metaverso, che si prospetta essere l’ennesimo terreno di scontro nella sfida tecnologica tra Stati Uniti e Cina; la partecipazione pubblica al metaverso potrà quindi variare significativamente, dalla vera e propria simbiosi che sembra configurarsi in Cina fino al ruolo di regolatore che potrebbe assumere l’Unione Europea, le vie di mezzo in termini di poteri del decisore pubblico sono molteplici.
Naturalmente, l’oligopolio, il modello aperto e il modello pubblico sono tre tipi che molto probabilmente si mescoleranno tra loro, presentandosi in varianti che oggi difficilmente si possono immaginare. Quel che è certo è che la questione del rapporto tra politica e metaverso non potrà che porsi con particolare forza nel prossimo futuro.
Colui che sarà il proprietario del metaverso, in ogni caso, tratterrà una percentuale da ogni transazione e presumibilmente userà i dati di ogni utente per vendergli beni reali e virtuali; chiunque diventi il proprietario del metaverso avrà quindi accesso ad una quantità di dati senza precedenti, assieme ad una quantità smodata di potere.
Il metaverso potrebbe inoltre permettere l’evoluzione di reati e crimini che già sfortunatamente avvengono nell’odierna era di Internet, come il riciclaggio di denaro, il cyber bullismo e tanti altri reati, fino a raggiungere derive impensabili.
Altro tema cruciale sarà quello della tutela dei dati, poiché nel metaverso non solo condivideremo nostre informazioni, come già facciamo usando Google, Facebook o Amazon, ma inizieremo a fornire anche input fisici grazie a vari strumenti che permetteranno a Meta di avere una panoramica approfondita della nostra persona: quindi non solo i nostri interessi, ma anche dettagli molto precisi su come il nostro corpo interagisce con ciò che ci circonda; il nostro io digitale, l’’avatar, sarà osservato riconosciuto e soprattutto tracciato in ogni dove. Altro che 1984 di Orwell.
Già oggi potremo dire che la nostra libertà sia stata sacrificata sull’altare della comodità, ma il metaverso potrebbe portare questo assunto all’estremo.
Nonostante ciò, il progetto sta prendendo forma e avanzando a tutta forza e la creazione di un mondo parallelo, controllato da una o più unità private, pone dilemmi profondi.
Per approfondire:
La trasformazione digitale nella PMI. Raccontare l’innovazione (2017) di Antonio Cupri, Nicola Del Sarto e Veronica Marozzo
Snow Crash (1992) di Neal Stephenson
Ready Player One (2011) di Ernest Cline
https://www.gqitalia.it/tech/article/metaverso-cose-come-funziona
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